Welfare aziendale: una via comoda.
Più soldi in busta paga o servizi alle famiglie?
Premi in denaro o frammenti di welfare? C'è un pezzo di industria italiana che ha risposto alla domanda.
Soprattutto nelle regioni più ricche (Lombardia) e nei settori da sempre di frontiera, sono ormai migliaia gli accordi che disegnano una contrattazione di secondo livello sempre più spostata verso prestazioni sociali, dall'assistenza medica integrativa ai buoni per asili nido, agli assegni per i libri di testo dei figli.
È un trend in ascesa. Che si spiega con la crescente - e rinnovata - domanda di servizi che arriva dalle famiglie, e che ha registrato una brusca accelerazione in questi ultimi mesi.
Le vie del welfare aziendale, superata ampiamente la fase sperimentale ha estrema necessità di essere incoraggiata.
Il primo intervento è proprio legato alla possibilità di slegare queste prestazioni a reddito, e riposizionarle nel cono d'ombra del cuneo fiscale.
È da escludere la possibilità di sottoporre a tassazione, anzi vanno incentivati progetti di maggior favore i servizi erogati dall'impresa, che potrebbero infatti configurarsi come un gioco in cui tutti guadagnano e nessuno perde.
L'azienda che redistribuisce un premio più leggero per le proprie casse, quella che eroga un (nuovo) servizio, il cittadino lavoratore.
Se lo Stato non può fare, almeno lasci fare. Premendo meno su chi fa.
E l'emergenza di questi giorni, di questi mesi, di un prossimo futuro e stranamente buio, non solo consente ma stimola una riflessione è un'azione concreta su questi temi.